Lola e le tre formiche Lola era una cicala semplice, di buon carattere, senza grilli per la testa. Stava sempre in compagnia, cantando e giocando. Le piaceva molto rallegrare i bambini. L’estate era appetitosa come una pesca matura, sembrava senza fine. Lola a volte smetteva di cantare e s’incantava a osservare le formiche, che si comportavano in modo molto strano. Passavano le ore più belle della giornata a trascinare e spingere briciole di pane, semi, cibarie di ogni tipo. Si portavano tutto a casa. Perché sgobbare? Era così comodo mangiare tra l’erba! Le formiche non cantavano. Alcune di loro avevano l’abitudine di mordere e pungere per un nonnulla. Lola, però, era troppo incuriosita per rinunciare. Un giorno vide una formica che, sbuffando sbuffando, spingeva un grosso seme. Si fece coraggio e si avvicinò. - Ciao, bella formica! Posso farti una domanda? La formica non sollevò nemmeno lo sguardo dal suo seme, non smise un attimo di spingere, non rispose, non mosse nemmeno un’antenna. Come se Lola non esistesse. Lola rimase sbalordita come un girasole. Quando si riprese dallo stupore, decise di non arrendersi mai. Avrebbe scoperto il mistero delle formiche, anche a costo di ripetere mille volte la stessa domanda o di farsi pungere. Proprio in quel momento stava arrivando un’altra formica, più grossa della prima e nera come il carbone. Questa non era silenziosa, anzi! Insultava e malediva ad alta voce tutto e tutti, mentre faceva rotolare a testate il suo chicco di mais. - Mondo cane, mondo gatto, mondo matto! Tu non mi piaci affatto, e io ti batto e ti combatto! La cicala si piazzò davanti alla formica, che frenò di colpo e incocciò il muso contro il suo chicco di mais. - Scusa se ti disturbo, cara formica! – disse Lola - Avrei bisogno di un’informazione. Puoi spiegarmi, per favore, perché passi il tempo a rimorchiare chicchi? Perché te li porti a casa? Ce ne sono tanti, sparsi per terra! La seconda formica la guardò, strabuzzò gli occhi e parlò: - Togliti di mezzo o ti dimezzo! Sciò! Lola si scansò. Avrebbe potuto masticare la formica come un antipasto, ma non fece nulla. Rimase zitta, scontenta come un ragno senza ragnatela, mentre la seconda formica le passava davanti con il suo chicco di mais. Toc! Un grosso chicco di grano colpì Lola in mezzo alla fronte. La sfortunata cicala cadde indietro a zampe all'aria. - Scusa, scusa, scusa! – disse una voce d’insetto - Ero distratta, ho calciato sul chicco troppo forte, ho sbagliato mira! Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace! Sono una frana, un disastro, un cataclisma! Chi era, chi era, chi era quell’insetto che cianciava e ripeteva e si scusava? La cicala si rialzò massaggiandosi la fronte, poiché le stava spuntando un gran bernoccolo. Vide una formica di montagna: razza rossa, taglia extralarge e modi anche troppo garbati. - Non importa, cose che capitano. Io mi chiamo Lola, e tu? - Io sono Rossella. Ti chiedo ancora scusa… - Basta con le scuse! Sono contenta di conoscerti, nonostante il bernoccolo. Posso farti una domanda? - Una domanda? Volentieri, anche due, anche tre! La cicala sospirò, impaziente. - Me ne basta una sola, grazie! Puoi spiegarmi, per favore, perché voi formiche passate il tempo a trasportar pietanze? - Bella domanda, davvero bella, bella davvero! Presto, quando finirà l’estate, capirai. Allora verrai a bussare alla mia porta. Ti aprirò, e ne riparleremo con calma. Rossella strizzò l’occhio tre volte, salutò tre volte, e con tre calci imbucò il chicco di grano nella porta di casa. Come aveva preannunciato Rossella, l’estate finì e arrivò l’autunno. Lola se ne infischiò. Continuò a cantare felice fino alla prima nevicata. Fu allora che nel giro di poche ore la neve coprì tutto, fino all’ultimo filo d’erba rimasto. Non c’erano più semi, non c’erano più briciole. Il freddo intirizziva i pochi insetti rimasti all’aperto. La cicala finalmente capì. Le formiche avevano lavorato d’estate per poter mangiare anche d’inverno. Lola si mise a cercare la casa di Rossella. Finalmente, dopo aver camminato a lungo, si trovò di fronte a tre porte chiuse. La prima porta era grigia come il silenzio. La cicala capì che in quella casa abitava la prima formica, quella che non le aveva nemmeno rivolto la parola. La seconda porta era nera come la rabbia. La cicala ricordò gli insulti della seconda formica, e se ne andò via di corsa. La terza porta era rossa. Ecco la casa di Rossella! Toc! Toc! Rossella aprì subito la porta e invitò Lola a entrare, a sedersi vicino al camino, a mangiare qualcosa di caldo. - Cara Rossella, avevi ragione! – disse Lola - Adesso ho capito perché voi formiche passavate il tempo a far provvista di briciole e di chicchi. Spero che sarai tanto gentile da ospitarmi a casa tua, altrimenti morirò di fame. - Cara Lola, sarò contenta di ospitarti, riscaldarti e darti da mangiare. So che tu sarai altrettanto gentile, e contraccambierai il favore cantando, cucinando e aiutandomi a tener pulita la casa. Così passeremo l’inverno in compagnia. Per tutto l’inverno, la casa con la porta grigia rimase silenziosa, nella casa con la porta nera risuonarono soltanto parolacce, ma dentro la casa con la porta rossa ci furono canti, risate e allegria.